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Emanuele Scataglini: un viaggio musicale in compagnia di “Pablo” Picasso [INTERVISTA]

Torna a raccontarsi sulle nostre pagine Emanuele Scataglini, artista eclettico e straordinario, che ama trattare argomenti importanti e di spessore culturale. In uscita con un nuovo EP interamente dedicato al genio di PABLO PICASSO.

– Buongiorno Emanuele, perché un disco dedicato a Pablo Picasso?

Come molte persone io ho conosciuto Picasso a partire dalle sue opere più famose come le Demoiselle d’Avignon alcuni quadri cubisti, l’Arlecchino e Guernica. Questi sono sicuramente alcune opere di grande importanza per la storia dell’arte, ma solo la punta di un iceberg la cui base è fatta di un “catalogo” di opere straordinarie. Con il passare degli anni ho conosciuto questo mondo sommerso e mi sono accorto quanto fosse profondo questo mondo artistico.

Picasso è stato capace di rinnovare l’arte e al contempo di avere sempre un collegamento con la tradizione. Egli è sempre stato un artista figurativo, ad esempio nella sua analisi cubista quando con Braque portò alle estreme conseguenze la scomposizione delle forme, si rese conto che l’oggetto rappresentato stava svanendo e che la sua arte stava andando verso l’astrattismo ed introdusse nella tela degli elementi materiali che riportassero l’osservatore alla concretezza.

Questa attenzione all’oggetto mi ha sempre affascinato, nonostante la grande rivoluzione artistica fatto da Pablo egli aveva un grande rapporto con la tradizione. Ritengo ci sia una analogia con chi fa musica mantenendo sempre un collegamento alle forme diatoniche.

Volevo omaggiare questo grande artista con uno o due brani, ma successivamente mi sono accorto che sarebbe stato un problema scegliere un’opera, Quelle più famose erano difficili da contestualizzare in un pezzo strumentale ad anche fare una canzone dedicata alla vita dell’artista risultava un’impresa difficilissima così ho incominciato a concentrarmi su elementi specifici della sua lunga carriera: i ritratti, la creatività, il suo rapporto con le donne, il pacifismo.

Quando poi mi sono accorto della ricorrenza legata alla sua morte, i cinquant’anni dalla sua scomparsa, ho ritenuto interessante raccogliere il materiale e farne un album.

– Chi era Pablo Picasso, e quale potere aveva la sua arte?

Non sapremo mai chi fosse realmente Picasso. Credo che un punto di partenza per esaminare la sua personalità sia guardare i molti autoritratti. Non so di preciso quanti siano stati realizzati, ma rivelano una personalità poliedrica, un po’ come i suoi quadri cubisti.

In questo periodo sono invitato in alcune biblioteche e centri culturali a raccontare Picasso attraverso la mia musica. Di solito inizio esaminando la timeline che rappresenta la sua vita.

Picasso è nato nel 1881 ed è morto nel 1973 in questi anni ha vissuto oltre che due guerre mondiali anche grandi innovazioni scientifiche e culturali. Ad esempio, è passato dai viaggi in carrozza ai voli in aereo, infatti la scoperta dell’automobile risale al 1886 e prima della sua diffusione passarono decenni, in Brasile la schiavitù fu abolita nel 1888, La Tour Eiffel fu inaugurata in occasione dell’Expò in Francia nel 1889.

Nel mondo della comunicazione poi accadde di tutto dal cinema alla televisione nel 1957.

Credo che per valutare Picasso, sia la sua vita privata che la sua immagine pubblica, si debba considerare tutto questo. Come pittore poi Pablo passò dalla vita parigina della Belle Époque con i suoi movimenti artistici, impressionismo, divisionismo ai linguaggi del Novecento, astrattismo, futurismo surrealismo. Credo sia importante notare che egli riuscì sempre ad avere sempre un ruolo di protagonista, a rinnovare e stupire riuscendo però a conservare un legame con la tradizione. I suoi studi con sulle opere di Velasquez ne sono un esempio.

Molto spesso Picasso è stato visto come un personaggio dal carattere difficile, maschilista, autoritario provocatorio. Questo è sicuramente vero soprattutto nel rapporto con le donne. Anche qui però dobbiamo inserire la sua vita nel giusto quadro storico. A Malaga nell’800 le donne erano sottoposte all’autorità della madre o della suocera, lavoravano nei campi e vivevano legate al marito. Anche nella Parigi di fine secolo, sebbene le donne fossero più libere, però, non avevano gli stessi diritti degli uomini, non votavano, non avevano mercato come artiste, erano spesso modelle o “muse ispiratrici”, ma poste al di fuori della dimensione commerciale e difficilmente potevano vivere della propria arte. Vi erano poi dei casi speciali, come quello di Gertrude Stein una donna libera (anche sessualmente), scrittrice, appassionata d’arte, amica e mecenate di Pablo. La Stein però non aveva problemi economici, nata negli Stati Uniti aveva ereditato una grande fortuna che le permetteva di essere libera ed indipendente. Molte altre donne, invece dovevano sposarsi o legarsi a uomini famosi per poter condurre una vita diversa da quella familiare. Picasso era un narcisista, difficilmente poteva avere un rapporto paritario con gli altri, e soprattutto con le sue compagne (mogli ed amanti). D’altro canto, era anche figlio del suo tempo, un uomo nato in una Spagna estremamente conservatrice per ciò che concerne i rapporti sociali. Pablo, come dico in alcuni miei short sui social, era definito il Minotauro poiché imprigionava le donne nel suo labirinto di passione e conflitti e legava a sé le donne in relazioni burrascose. Questo però per gli  artisti dell’epoca non è proprio una novità, pensiamo a Modigliani, ad esempio o a Rodin, difficilmente troviamo un rapporto paritario con le donne. Cezanne, una persona molto riservata anche lui ebbe i suoi amori contrastati, ad esempio aveva un rapporto clandestino (anche se noto a tutta Parigi) con Marie-Hortense Fiquet, che era già sposata.

Per certi aspetti Picasso era un libro aperto, attraverso le sue opere esternava la sua dimensione interiore, era un uomo sempre al centro della cronaca, sotto i riflettori diremmo oggi, conosciamo le liti, la rabbia, l’amore i conflitti mentre di molti artisti non sappiamo molto della loro vita privata.

– Vi è ancora un’influenza esercitata da Pablo Picasso nel mondo odierno, secondo lei?

Sicuramente è impossibile fare arte senza pensare a lui poiché è un protagonista della Storia dell’arte stessa. Se sia punto di riferimento per altri artisti oggi, a dire il vero, non so dirlo. Ritengo impossibile però guardare, pensare un’opera senza pensare a lui.

– Parliamo di “PABLO”. Quali sono gli aspetti che l’hanno maggiormente influenzata del genio spagnolo, che poi ritroviamo espressi nell’Ep?

Nell’album mi sono avvicinato a Picasso attraverso l’analisi di alcuni elementi caratteristici della sua opera, alcune tematiche e alcuni aspetti della sua vita. Potevo raccontare un artista di tale valore solo focalizzandomi su aspetti specifici del suo lavoro.

Ho scelto dei temi specifici e li ho trasposti nella dimensione musicale.

Ad esempio, la sua esplosiva creatività è riportata nel brano Everything You Can Image, la sua dimensione onirica nel brano The Dream ed anche il rapporto con il tempo ha una song dedicata ovvero In the Hands of Time.

In generale ho cercato un approccio minimale con molti brani per strumenti solisti. Una particolare riflessione l’ho fatta per il quadro Guernica. È un’opera troppo immensa per poter essere descritta in tre minuti di musica, ma allo stesso tempo la guerra, che non è mai stata cancellata dal nostro pianeta, è tornata ad essere un evento globale con gli i conflitti scoppiati di recente.

Per questo motivo non potevo esimermi dall’affrontare l’argomento. Il quadro di Pablo descrive il bombardamento, il precipitare delle bombe sulla popolazione. Io mi sono posto in una prospettiva diversa ho pensato di raccontare musicalmente il dopo, la devastazione che la morte porta con sé. In After Guernica descrivo, quindi, il momento successivo. Le bombe sono scoppiate, resta il frastuono delle esplosioni, i rumori metallici delle case, la paura, la morte.

Credo che sia uno dei brani più riusciti dell’album anche se non è di facile ascolto. Altre songs sono invece dedicate al circo come The Acrobat.

L’artista di Malaga era affascinato dai costumi e dalle maschere e per questo ho composto il brano Masque.

Blind Guitars, invece parla del periodo blu, ed in particolare di quando Picasso dipingeva le persone che vivevano nelle strade.

Room and Rumors è un pezzo con sonorità rock dedicato ai suoi tanti lavori in studio, mentre Portrait of Women è una song scritta in onore dei suoi ritratti femminili.

Sublimation, ha un tono malinconico, racconta l’ultimo periodo della vita dell’artista e la sublimazione dei suoi desideri.

– Nella sua sperimentazione, di rappresentare musicalmente qualcosa di visivo, quali sono gli step realizzativi?

È molto difficile per me rispondere a questa domanda. Posso dire che sono stato spesso abituato a collegare la musica con la dimensione visuale. Ho fatto molta esperienza quando lavoravo per alcuni brand di moda e mi è capitato anche di utilizzare la musica per descrivere l’esperienza di alcuni store. Tutto questo mi è servito per avere una predisposizione ad individuare in alcune esperienze visive un nesso con la musica. Nel caso di Pablo il collegamento viene effettuato attraverso la percezione di diverse opere. Anche quando ho esaminato Guernica mi sono interessato agli altri quadri legati al tema della guerra, come Massacro in Corea.

Quindi se dovessi parlare di un processo creativo, metterei come primo punto l’introiezione dell’opera o delle opere di un artista. Queste sedimentano in me e poi si trasferiscono nella composizione, nella scelta della tonalità, del piano armonico e della melodia. Nel caso di Pablo ho sempre iniziato da questi tre elementi poi ho esteso la mia analisi all’arrangiamento e alla scelta delle sonorità. Lungo è stato il lavoro di orchestrazione e di esecuzione, molto complesso il mixaggio. Non esiste per me un unico suono di pianoforte o un unico suono di chitarra, esistono diverse possibilità ed ogni brano ha la sua caratteristica. In Pablo, ad esempio uso la chitarra in modi differenti, ed anche il piano tastiera non è registrato e mixato sempre uguale. Personalmente ritengo che l’unità di un album dipenda non tanto dall’uniformità del suono quanto dal concept.

– E qual è il segreto per trasmigrare in musica un’emozione materica che nasce dai colori su tela? Qualcosa di così incisivo come l’arte di Picasso…

Credo che sia quello di far sedimentare tutto per un certo tempo all’interno di me stesso. Quando poi tutto diventa più chiaro allora la composizione può avere inizio.

Io prima di scrivere musica ascolto anche tanti autori differenti, mi prendo una pausa e poi mi rimetto al lavoro per vedere se l’emozione si è trasformata in una idea musicale. Molti sono i pezzi abbozzati, molte le parti cancellate e riscritte. Di solito io amo scrivere musica nel mio studio, non sono come quegli autori che vanno in giro a improvvisare continuamente. Devo avere del tempo per riflettere, la musica per me deve essere preceduta dal silenzio.

Non saprei quindi indicare un percorso specifico, quello che posso dire è che io faccio riferimento alla mia capacità immaginativa che stimolo quotidianamente.

James Hillman diceva l’anima è nata nella bellezza e della bellezza si nutre; in parte io cerco di fare tesoro di questo insegnamento che trovo utile soprattutto quando cerco di unire la musica ad altri linguaggi artistici.

Vi è un’alchimia di elementi che sono insiti nel nostro inconscio originario, a cui si sovrappone la nostra vita psicologica e la nostra immaginazione creativa. Attingere a questo bagaglio è fondamentale per elaborare una sintesi tra le arti. Vi sono anche i percorsi già realizzati da altri artisti. Non penso naturalmente alle esperienze di arte totale come quella di Wagner, ma piuttosto al Suono Giallo di Vasilij Kandinskij o ai lavori di Ravel che, attraverso il libro Gaspard de la Nuit di Aloysius Bertrand, ha realizzato brani memorabili. Anche Schumann amava unire letteratura e musica, lui riteneva che la musica stessa dovesse essere poetica.

Sono naturalmente esperienze di grande valore storico e musicale, ma sicuramente una guida per trasporre creare una sintesi tra musica e le arti.

Ci sono anche dei libri estremamente interessanti come, ad esempio, quello del mio professore di filosofia Giovanni Piana che ha dedicato uno studio al rapporto tra Mondrian e la musica o alla filosofia dell’immaginazione con il bellissimo La Notte dei Lampi. Sono tutti riferimenti teorici che mi hanno spinto a seguire, diverse volte, questo percorso di sintesi tra musica e pittura.

Io stesso associo i mie brani a video estremamente teatrali che pubblico su Youtube e scrivo racconti. Ho anche pubblicato un romanzo dal titolo Il Giocoliere, ambientato nella Belle Époque.

– “PABLO” sembra rappresentare un bel punto di arrivo. Quasi una vetta! Cosa ci può essere oltre da esplorare e realizzare?

Spero che sia un lavoro apprezzato sia dal pubblico che dalla critica. Vedo che sta riscuotendo molto consenso e la cosa mi fa piacere. Con questo disco ho portato al limite le forme musicali, ci sono molti brani che non hanno un genere specifico. Questa sperimentazione spesso può disorientare l’ascoltatore soprattutto in un’epoca in cui esistono le playlist. Ora ho voglia di tornare un po’ nei canoni e impegnare la mia creatività su generi specifici. Vorrei da un lato tornare alla forma canzone proponendo brani di con un’estetica ben individuabile, blues, rock, musica sudamericana, e cantautorale, tema dell’album sarà il viaggio nelle sue diverse accezioni.

Prima di pubblicare questo disco vorrei rilasciare anche dei singoli strumentali sempre inquadrabili in un genere. Non è detto che però io segua questo piano, l’ispirazione potrebbe guidarmi verso altre strade.